Nanoallotropi Del Carbonio

Nanostruttura bidimensionale con spessore variabile da 1 a 100 nm.

La famiglia dei nanomateriali a base di carbonio, della quale fanno parte i nanoallotropi del carbonio, sta attraendo sempre maggiore attenzione da parte della comunità scientifica e del mondo industriale, per le straordinarie possibilità applicative che sembra offrire.

Il carbonio è il terzo elemento più diffuso in natura dopo l’idrogeno e l’ossigeno e può essere facilmente ricavato da un numero pressoché illimitato di fonti e la natura stessa ci offre la possibilità di confrontare e studiare le forme allotropiche del carbonio.

L’allotropia in chimica è un fenomeno per il quale lo stesso singolo elemento o la stessa molecola può presentarsi in due o più forme diverse tra loro. Gli allotropi sono quindi caratterizzati da una maniera diversa con cui atomi dello stesso tipo possono legarsi tra loro dando forma ad elementi con proprietà chimico-fisiche estremamente diverse.

Si comprende dunque l’interesse suscitato da questi nanomateriali quando ricordiamo la grande diffusione del carbonio sul nostro pianeta e la facilità con cui questo elemento chimico si lega agli altri elementi, se aggiungiamo che le odierne tecnologie ci permettono la sintesi di nanoallotropi del carbonio artificiali, e se infine osserviamo le straordinarie proprietà di questi nanomateriali talvolta ingegnerizzabili ad hoc in vista delle proprietà chimico-fisiche che si desiderano.

Il grafene è il più giovane dei nanoallotropi del carbonio, ed è costituito da un unico strato di atomi di carbonio legati secondo la struttura esagonale: di fatto quindi, il grafene costituisce un vero e proprio materiale bidimensionale, molto esteso lungo le due dimensioni che potremmo definire della lunghezza e della larghezza, ma avente lo spessore di un unico strato atomico.

Questa struttura costituisce di fatto il materiale più sottile al mondo, e può essere utilizzato come blocchetto di base per la sintesi di molti altri nanoallotropi del carbonio. La caratteristica di essere un materiale 2D conferisce al grafene alcune straordinarie proprietà elettroniche e quindi di trasporto della carica elettrica, facendo del grafene uno dei candidati più promettenti per l’elettronica del futuro, per il fotovoltaico, per la sensoristica, sia come parte integrante di dispositivi, sia come elemento di connessione tra dispositivi. A questo occorre aggiungere che il grafene ha anche eccellenti proprietà meccaniche, ottiche, elettrochimiche, e termiche superiori a quelle delle altre forme allotropiche del carbonio.

Ha flessibilità e resistenza meccanica con un carico di rottura pari a 200 volte quella posseduta dall’acciaio, mostra una conduzione termica 10 volte più grande di quella del rame, una trasparenza alla luce visibile che sfiora il 98%, nonostante sia un conduttore elettrico migliore del rame. Inoltre il legame tra gli atomi di carbonio è tale da conferirgli un’elevatissima densità, tale che persino i piccolissimi atomi di elio non riescono ad attraversare la rete a nido d’ape. 

Benché le tecniche chimiche e fisiche per sintetizzarlo artificialmente in quantità cospicua e in maniera controllata siano generalmente laboriose e costose, il grande interesse suscitato dalle sue proprietà sta incentivando la comunità scientifica a studiare metodologie che ne permettano una più economica produzione, in modo tale che le sue straordinarie proprietà non rimangano confinate al mondo accademico o ad applicazioni che risultino di nicchia, o poco più.

Allo stato attuale, le applicazioni più promettenti del grafene sono volte a sfruttare la più unica che rara caratteristica di essere ottimo conduttore ma trasparente, estremamente sottile e flessibile, ma di resistenza meccanica eccezionale, ed inoltre dalle proprietà elettroniche quasi introvabili in altri materiali. Per cominciare, è promettente per sostituire il costosissimo ITO (Ossido di Indio e stagno) nei touch screen dei dispositivi, ma anche nelle celle solari, nell’elettronica flessibile, nella sensoristica, o nella metrologia. Recentemente, sta iniziando a trovare impiego nell’industria dell’automotive e nell’ingegneria aeronautica per l’alleggerimento delle strutture mediante parziale sostituzione dei metalli con fibre di carbonio o materiali basati su forme nanoallotropiche del carbonio, tra cui il grafene. Per un impiego massiccio, ovviamente, sarà necessario raffinare ulteriormente le tecniche di sintesi, rendendole più economiche.

La scienza dei materiali, allo stato dell’arte, permette di realizzare composti a metà strada tra un materiale assolutamente 2D, come il grafene e il suo parente tridimensionale, la grafite. Controllando ad esempio il numero degli strati di grafene, ed impilandone un numero limitato otteniamo un materiale quadi-2D. Questa via di mezzo, che al microscopio elettronico appare come strutturata in nanopetali, spesso denominati nanostrati di carbonio o carbon nanosheets, se da un lato appare come un materiale meno “pregiato” rispetto al grafene, dall’altro ne eredita parzialmente molte delle proprietà a fronte di costi di produzione certamente inferiori e maggiori quantità ottenibili. I campi di applicazione e gli impieghi dei carbon nanosheets possono apparire magari meno raffinati rispetto a quelli del grafene, ma certamente molto attraenti per il mondo della produzione industriale, soprattutto nel campo importantissimo dell’immagazzinamento dell’energia.

A questo va aggiunto che le materie prime per la sintesi di tali materiali quasi-2D, come confermato da studi degli ultimi anni, possono essere ricavate da fonti di facile reperibilità e praticamente illimitate. Carbon nanosheets di buona qualità sia per la ricerca che per la commercializzazione sono stati ricavati da diversi gruppi scientifici o aziende ad esempio mediante carbonizzazione di biomasse di origine vegetale o addirittura di origine animale.

Analogamente a quanto accade per il grafene, le applicazioni dei carbon nanosheets sono estremamente interessanti: la più importante nell’immediato è certamente la realizzazione dei supercapacitori, cioè dispositivi elettrochimici che permettono l’accumulo di carica elettrica con la possibilità di una carica ed una scarica veloce dell’energia, pertanto estremamente appetibile per le batterie dell’industria automobilistica. Altre applicazioni, come accade per gli altri nanoallotropi del carbonio, riguardano il biomedicale oppure alcuni campi dell’edilizia o dell’ingegneria civile.

I nanotubi di carbonio possono essere descritti come strati di grafene arrotolati su sé stessi, fino a formare lunghe strutture tubulari, di lunghezza molto maggiore del loro diametro. A causa di questa forma così speciale, sono classificabili come materiali unidimensionale (1D), con un elevatissimo rapporto superficie/volume, e costituiscono un caso notevole di nanocavità. I nanotubi vengono definiti “a parete singola” (in inglese Single-Walled Carbon NanoTubes o SWCNTs) quando ad arrotolarsi su sé stesso è un singolo foglio di grafene; parliamo invece di nanotubi “a parete multipla” (Multi-Walled Carbon NanoTube, MWCNTs) se più nanofoglietti di grafene si arrotolano su stessi formando strutture tubulari coassiali.

Le proprietà del nanotubo dipendono anche dal suo diametro, e dall’arrangiamento degli esagoni rispetto alla direzione longitudinale del nanotubo, che possono essere ad armchair, zigzag o chirale. In ogni caso, con le moderne tecniche di sintesi è in principio possibile scegliere di depositare in maniera selettiva i nanotubi a parete singola e quelli a parete multipla, ed entro certi limiti modulare la geometria dei nanotubi variando i parametri della sintesi stessa.

I nanotubi di carbonio possono essere inoltre funzionalizzati, modificando la superficie esterna del cilindro, o legandovi gruppi chimici. Tutto ciò può portare a migliorare ulteriormente le proprietà elettriche, meccaniche e termiche del nanotubo, che sono le straordinarie proprietà di un materiale unidimensionale. I carbon nanotubes vengono impiegati nell’industria della plastica per migliorare le caratteristiche dei polimeri, nell’industria elettronica per la realizzazione di transistor, display, elettrodi conduttori trasparenti. Essi arricchiscono inoltre le performance di materiali compositi, o permettono innovative applicazioni biomedicali, come rilascio di farmaci o per connettere tra loro alcune cellule, per farle crescere in colture o aiutarle a ripristinare alcune funzionalità compromesse. Non mancano esempi di applicazioni come parti di sensori, nel riconoscimento di specifiche molecole biologiche, come i nanofiltri.

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